É passato ormai qualche giorno dalla morte di mio padre, una scomparsa che ancora lascia sbigottiti e increduli molti di quelli che lo hanno conosciuto.
Con il tempo le cose torneranno ad una qualche normalità. La vita, come la morte, è qualcosa che non possiamo fermare. Si potrebbe dire che essa è dura, senza senso, eppure allo stesso tempo è tutto quello di più bello che abbiamo. Personalmente non credo che la vita si fermi con la morte, semplicemente continua in un altro posto, perché a conti fatti, tutti siamo capaci di capire che c’è molta differenza tra il nostro Io fisico e quello interno, la nostra anima.
Mio padre mi diceva spesso che, come durante la gestazione nel grembo materno noi viviamo una intera vita a formare il nostro corpo, in questa vita, quella che vivo io e vivi anche tu che leggi, stiamo qui per formare la nostra anima, attraverso le esperienze della vita. Una volta che la gestazione sarà finita, potremo rinascere di nuovo in qualcosa di ancora più forte, ancora più bello.
C’è chi ci mette 59 anni, come lui, chi ce ne mette 96, come mia nonna e infine quelli che ci mettono davvero pochi anni, i tanti bambini che non ci spieghiamo come mai vadano via così presto.
In questa visione, dovreste capire quanto grave sia il fatto di uccidere una persona, anche se stessi, in quanto gli si strappa via la possibilità di maturare la sua anima, si stupra il suo percorso e gli si impedisce di Vivere.
Mio padre constatava che, “ci disperiamo della morte di un singolo ma, siamo indifferenti alla morte di molti”, io non credo che valga per tutti su questa terra, lui era la conferma di questa mia convinzione, nonostante tutto è vero purtroppo. Finché non capiremo che la morte di qualsiasi essere vivente è in realtà anche la nostra morte, ci saranno ancora sofferenze e soprusi, ma sono fiducioso che un giorno, un giorno che io non vedrò mai, questo traguardo verrà raggiunto e l’umanità risplenderà della bellezza che merita.
Quello che ho imparato dalla vita di mio padre, influenzerà il corso della mia. Una delle sue frasi che ricordo più spesso è “chi ha più forza la usi”, significa che se tu hai più forza di qualcun altro, e tutti noi siamo più forti in qualcosa e meno forti in qualcos’altro, allora quella forza va usata per sostenere chi non ce la fa e non solo si scoprirà che è un piacere aiutare gli altri, ma è anche un dovere.
Lui ha passato tutta la vita a difendere e ad aiutare chi non riusciva, sono sicuro che chiunque abbia avuto a che fare con lui, abbia imparato questo concetto, per ciò che mi riguarda non tradirò quello che considero il più grande insegnamento che mi sia stato impartito nella vita.
In ognuno di noi c’è del buono anche nelle persone di cui non lo penseresti mai, grazie agli insegnamenti di mio padre, che era anche il mio migliore amico, mi sforzerò sempre di non cadere nella spirale dell’odio, ma di giudicare con realtà e comprensione.
Queste sono solo le parole di un figlio che ha perso il padre, un grande padre, ma all’interno di quel che avete letto c’è anche lo spirito che ha alimentato la vita di un a persona che non si arrendeva all’odio, che lo combatteva in tutte le sue possibilità e che sapeva di non essere il solo, ci sono tanti eroi silenziosi che scelgono di combattere una battaglia etica per la difesa del bene comune. A tutti questi eroi silenziosi va il mio più grande rispetto.
Non ho più nulla da dire, se non della dolcezza e forza che mi trasmetteva, ma quella la lascio per me, rimarrà nel mio cuore, e continuerà a rendermi felicemente triste per tutta la vita.
IL CERCHIO SENZA COMPASSO
di
Micol Graziano
Il palazzo ha quindici piani. Alcuni appartamenti sono vuoti. Al primo piano abita Serge che questa sera è stanco morto. Ha avuto una giornata nero lutto. Sprofonda in poltrona e soffia nell’aria quel che resta di una bionda. Pardo gli salta sulle gambe. Serge lo accarezza sulla testa con due dita.
Alina al quarto piano ha una candela accesa. E’ andata nello studio. Il sonno non la sfiora neanche. Ha già divorato una camomilla. Sarà che si è infilata sotto le coperte troppo presto? Si siede alla scrivania e gioca l’ultima carta.
Di fronte ad Alina vive Sam. Ora è sdraiato sul divano, non ha voglia di alzarsi e infilare il pigiama. Ha le mani ghiacciate. Serge Alina e Sam oggi sono entrati nella stessa libreria, ad orari diversi, ed hanno comprato lo stesso libro.
Serge non aveva tempo di girare tra gli scaffali e ha preso il primo che gli capitava. Alina è appassionata di storie al femminile. Vuole leggere di donne per comprendere meglio se stessa. Sam è rimasto attratto dalla copertina: un cerchio rosso tracciato senza compasso. La sua passione fin da ragazzino.
Da quando sua nonna gli aveva detto che nessuno è capace di tracciare cerchi perfetti a mano libera. Lui si domandava perché.
Il libro parla di Nina.
Serge la immagina bella alta, capelli neri corti, occhi da cerbiatta. Come quell’attrice che gli piace tanto. Nina è per Serge una donna da invitare a cena.
Per Alina è bionda come lei. Ha i capelli lunghi e ogni tanto se li lega perché rincorre il tempo; anche se non è sposata in casa c’è sempre tanto da fare.
Sam immagina Nina scura di pelle. Come sua madre, scomparsa un anno fa. Nina è una donna fragile. Di pasta frolla. Viene da un’orrifica storia. Un amore che l’ha prosciugata.
Serge comincia e pensare che Nina è una sciocca. Lui non crede nell’amore. Non ha tempo per queste cose. L’amore non esiste. E’ un’illusione. Legnate sui denti. Pardo è l’unica cosa buona che gli resta di quella puttana di Chantal.
Alina sogna il principe azzurro senza macchia né paura. Ha superato i quaranta e ancora nessuno le ha infilato la fede al dito. Lei ne soffre. Ha sempre desiderato l’abito lungo e tanti invitati in chiesa tra i fiori d’arancio. Il fatidico sì tra le lacrime di amici e parenti. Per contare i suoi fidanzati bastano tre dita. Tutti uomini sbagliati. E’ timida, ingenua. Non ci sa fare, come dice la sua amica che è una veterana di certe cose.
Alina vorrebbe ruggire simile a tante. Strizzate in poca stoffa, le labbra bollenti. Ma si sente goffa e ridicola proprio come Nina. Nina le fa tenerezza. Vorrebbe conoscere una come Nina. Uscire insieme e andare al cinema o a teatro per dimenticare.
Sam ha una fidanzata fissa. Non si sono ancora sposati. Lei sostiene che se si sposano tutto appassisce. Vede tanti loro amici separati e quindi non vale la pena spendere una barca di soldi. Ognuno a casa sua e amen.
Sam vorrebbe Miriam sempre vicino. Quando è con Miriam Sam si accorge di infinite cose che lo fanno sorridere. Da solo no. Da solo è ripieno di neve e basta.
Sam pensa che un uomo senza una donna da salutare quando rientra a casa sia un uomo a metà. Miriam dissente. Sam si chiede perché.
Dopo le prime pagine la storia si presenta troppo complicata per Serge. Nina racconta di aver vissuto una vita rossa, mentre la viveva pensava invece fosse blu. Perché la realtà ha tanti colori e solo i ciechi li vedono bene. Nina sta raccontando della sua vita. Il suo è un racconto rosso.
Serge si ferma su quest’ultima frase. Non si spiega come fa un racconto ad essere rosso. Un racconto si regge sulle parole, non sui colori. Gli scrittori scrivono una marea di balle per vendere libri e avere successo. Lui invece deve spezzarsi i reni per portare a casa qualche soldo. La stupidaggine più grossa «che i ciechi vedono meglio degli altri». Provasse Nina o chi per lei a infilarsi un dito nell’occhio.
Chiude il libro con una smorfia di disappunto. Si accende un’altra sigaretta, lascia la poltrona e se ne va a dormire. Serge adora fumare nel letto.
La candela di Alina si sta consumando. Ha lo sguardo nel vuoto. Riflette sulla vita rossa. A quanto debba essere doloroso vivere una vita rossa pensando di viverne una blu. Una spina in gola. Le vengono i brividi. Forse anche lei sta vivendo una vita rossa come Nina?
Le piace che «solo i ciechi vedono bene». Certe cose per vederle non bastano gli occhi. A volte lei quando li chiude ha tanta paura.
Sam ragiona su quel disegno della copertina. Il cerchio tracciato senza compasso. Disegno semplice ma inquietante. Roba da serial killer. Non sa perché. E’ un’associazione di idee.
Il racconto rosso: è per questo che i film non hanno tutti lo stesso colore della fotografia? Ogni regista sceglie il colore in un certo modo forse per raccontare storie che devono sembrare in quel modo?
Si sta incartando. Sterza. E’ curioso di sapere come va a finire la storia. Serge e Pardo dormono già. Nina incontra Elle. Elle capisce che Nina è infelice e si lecca i baffi. Nina s’aggrapperebbe ad un’alga pur di non affogare in mare aperto. E’ questa la storia rossa di Nina.
Alina continua a leggere con passione, si ferma, riprende pensa, ricomincia. Elle è una megera. Alina non vede l’ora che muoia tra le fiamme. Deve crepare nel peggiore dei modi un essere così cattivo che ti prende ti mastica e ti sputa lontano.
Stesso pensiero di Sam che odia Elle e tutte le persone mascherate da santi. Sam cerca sempre di mettersi nei panni degli altri. Però per Elle non prova nessuna pietà. Sam si addormenta con il libro in mano sul divano.
Elle è abrasiva. Ad Alina non le se stacca dalla testa. Quella frase soprattutto detta a Nina: «mangerai le ossa col sale».
In nome di chi Elle stritolava la vita degli altri?
La candela si è sciolta. Alina incrocia le braccia e ci poggia la testa su. Almeno riuscisse a dormire un po’.
Domani ha un sacco di cose da fare.
Il palazzo ha quindici piani.
Le luci sono spente.
Il sole è ormai alto.
Serge Alina Sam sono svegli.
Una nuova giornata li aspetta.
(già pubblicato nella raccolta “ME SETTIMA” nel 2011 sul sito ilmiolibro.it)