Che vuole questa luna solitaria
geometrica sul golfo del Vesuvio?
Questo stridere di freni nella
notte senza vento, il profumo di
rose in un orto abbandonato da
tempo?
Cerco nelle mie mani l’immagine
tua, accarezzata nei momenti di
pausa, negli attimi di respiro concessi dal cuore,
nell’ora delle mense affollate, nei tocchi
degli orologi a pendolo che battono
risoluti. La cerco in quelle righe smodate
che circondano la palma, che s’affossano
nella carne e riescono nella cute,
in questi diti sgraziati, rosicchiati dai
mille lavori d’avventura. Che sospiro
di calma c’è in questo corpo, che gioia
smielata d’affetto, di profondo sentimento
nell’animo mio, che ha smesso il
profondo russare delle notti inquiete.
C’era stato un sapore di oppio in quei baci
di rugiada davanti al mare tempestoso.
Vedevamo, dalla brulla scogliera, piccoli
noccioli che apparivano e scomparivano
sotto litri di spuma, come fosse un gioco
che durava da millenni. Muti negli scialli
di canapa cercavamo speranze di vita,
in tutta quella furia, in mezzo all’alveare
che ci attendeva in città. Grande forza
ci univa le mani, tiepido fiato sui bordi
degli scialli. Tu sola smarrita cercavi un
senso alla vita, ai piccoli atti quotidiani
che ci fanno impazzire al pensiero.
Quando salimmo il colle scosceso fummo attratti
da istinti di morte, mentre il vento inferocito
azzannava i nostri visi scomparsi nella
notte.
Fu un attimo di sollievo quel bacio disteso,
un grammo d’uranio che riempì di energia le
nostre cellule malsane. Gettai via le coperte quella
notte, riprendendo un sonno che sapeva di vita.
Marcello PELLEGRINI
Napoli 23-9-1977
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